PERCHE' I RADIOAMATORI NON CONCORRONO ALL'INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO Il secolo che si è chiuso e ancor di più quello nuovo in cui siamo entrati, può essere caratterizzato come il secolo dei grandi inquinamenti. E' purtroppo fatale che il cammino dell'uomo verso nuovi traguardi tecnologici sia accompagnato da quello che orgogliosamente veniva definito "homo sapiens" oggi potrebbe ben essere definito "homo inquinans", e a partire dai primi del '900 si è iniziato ad assistere a varie forme di inquinamento, col progressivo passaggio da una civiltà sostanzialmente "naturale" e con bassi utilizzi di macchine e sostanze derivate da lavorazioni e processi chimici ad una forma di sviluppo trainata da processi, lavorazioni o strumenti tecnologici avanzati. Alle forme più "tradizionali" di inquinamento come quella dello scarico di scorie di lavorazioni velenose nei fiumi e nei mari, l'immissione di particelle nocive nell'aria, l'utilizzo di fertilizzanti chimici, si sono recentemente iniziate a studiare forme di inquinamento più "sottili" ma che forse ci riguardano più da vicino, come l'inquinamento luminoso e quello elettromagnetico. E se noi, in gran parte, ci sentiamo lontani e giustamente denunciamo i grandi inquinamenti ambientali, che appaiono inutili e gratuiti, forse non ci rendiamo conto che siamo tutti in piccolo inquinatori quotidiani, ogni volta che accendiamo il telefonino cellulare o accendiamo la lavatrice di casa. L'inquinamento elettromagnetico quotidiano Negli ultimi anni si è verificato un sensibile aumento del livello di radiazioni elettromagnetiche presenti nel nostro ambiente, come risultato dell'enorme sviluppo delle comunicazioni, che hanno richiesto la creazione di una rete capillare di antenne trasmittenti e parallelamente le aumentate esigenze di utilizzo dell'energia elettrica, oggi motore insostituibile di ogni attività umana, ha richiesto il potenziamento della rete di trasmissione dell'energia elettrica, tramite elettrodotti o condutture sempre più diffuse. E' evidente che l'enorme aumento della qualità della vita deve fare i conti con un aumento dei rischi associati agli sviluppi tecnologici e sarebbe utopistico pensare che tutti i vantaggi derivati dalle nuove tecnologie non portassero anche qualche "rovescio della medaglia". E' comunque interessante notare che verso l'inquinamento elettromagnetico c'è una forma di paura o di sospetto molto maggiore che verso le altre forme di inquinamento, sentimento questo in gran parte immotivato, ma che probabilmente trae origine dalla natura impalpabile e "misteriosa" delle radiazioni elettromagnetiche, ben diverse nell'immaginario comune da un sacco di lattine usate sparse su di un prato. La scienza sta studiando i reali effetti sull'uomo delle radiazioni elettromagnetiche e anche se ben lontana da aver emesso sentenze definitive, molti studi hanno associato un aumento del rischio di alcune malattie con elevate e continue esposizioni a campi elettromagnetici, come quelli associati a linee elettriche, ad impianto radar e antenne per emissioni radiotelevisive di elevata potenza. Il campo elettromagnetico Prima di analizzare in qualche dettaglio le caratteristiche dei campi elettromagnetici, è necessario spendere qualche parola per caratterizzare la natura dei campi stessi. I campi elettrici sono quelli prodotti dalle cariche elettriche e influenzano gli altri corpi carichi elettricamente, in essi immersi. Poiché la carica elettrica di un corpo può essere di segno positivo o negativo, i campi elettrici attraggono altre cariche di segno opposto e respingono quelle di segno uguale. L'intensità di questo effetto viene contraddistinto da un parametro detto tensione, che viene misurata in volt. Conseguentemente l'intensità di un campo elettrico viene misurata in volt/metro (V/m). I campi magnetici sono generati da cariche elettriche in movimento, cioè dalla corrente. Quando una corrente (misurata in ampere) percorre un conduttore, genera un campo magnetico, che è proporzionale all'intensità della corrente stessa. L'intensità di un campo magnetico viene espressa in ampere/metro ma più spesso viene caratterizzata da una grandezza corrispondente che si misura in Tesla e nei suoi sottomultipli come il µT (microtesla) o il nT (nanotesla). Il fattore di conversione tra le due grandezze è 1µT = 0,796 A/m. Tra il campo elettrico e quello magnetico esiste una relazione strettissima: ogni variazione di uno di essi provoca la variazione dell'altro. In questo modo un campo elettrico oscillante genera un campo magnetico variabile in direzione ad esso perpendicolare e viceversa. In questo modo i due campi strettamente legati prendono il nome di campo elettromagnetico. Un campo elettrico oscillante genera nelle sue vicinanze un campo magnetico oscillante, che a sua volta produce un campo elettrico oscillante e così via. In questo modo nasce un'onda elettromagnetica che si propaga nello spazio trasportando energia e che ora ha una vita indipendente dalla causa che l'ha generata e che continua a muoversi nello spazio anche dopo che la particella originaria ha smesso di oscillare. Le onde elettromagnetiche si muovono anche nello spazio vuoto (a differenza delle onde acustiche) e vengono misurate in watt al metro quadrato o più comunemente in milliwatt al centimetro quadrato (mW/cm2). Lo spettro elettromagnetico Da quanto visto nel capitolo precedente, tutti i campi oscillanti producono onde elettromagnetiche di cui il nostro mondo è oggi saturo. Per distinguere le varie onde, si è deciso di caratterizzarle dalla velocità di cambiamento del campo, cioè dalla frequenza di oscillazione dell'onda stessa. Una vibrazione completa eseguita in un secondo ha la frequenza di un hertz (Hz) i cui multipli sono il kilohertz (kHz), il megahertz (MHz) e il gigahertz (GHz) a cui corrispondono rispettivamente, mille, un milione e un miliardo di cicli al secondo. La frequenza è strettamente legata alla lunghezza d'onda cioè alla distanza che intercorre tra due picchi dell'onda tramite la relazione l = f x c e, dove l è la lunghezza d'onda espressa in metri, f la frequenza in Hz e c la velocità della luce. Dalla relazione sopra vista ne segue che la lunghezza d'onda è inversamente proporzionale alla frequenza. L'insieme delle frequenze è detto spettro elettromagnetico e va dalla frequenza di 0 Hz, che corrisponde a quella generata da una corrente continua (quella di una normale pila) fino ai raggi gamma prodotti nelle reazioni stellari la cui frequenza è di miliardi di milioni di miliardi di Hertz. Le onde elettromagnetiche a frequenze più elevate (superiori a 10.000 THz, oltre quindi alle radiazioni luminose) vengono dette radiazioni ionizzanti, in quanto sono in grado di modificare la struttura della materia, spostando elettroni dalle loro orbite e quindi ionizzandoli. Queste radiazioni di cui fanno parte i raggi X e i raggi gamma, sono quelle considerate da sempre più nocive alla salute dell'uomo, come è evidente dalle precauzioni prese durante una radiografia. Le radiazioni a frequenze più basse e dette radiazioni non ionizzanti (NIR in inglese) anche se non modificano la materia vengono oggi studiate in particolare relazione a esposizioni molto lunghe e a livelli di campo assai elevati, si parla in questi casi di dose di radiazioni accumulate. Gli effetti dei campi elettromagnetici Nell'analisi degli effetti dei campi elettromagnetici sull'uomo relativi alla esposizione a radiazioni non ionizzanti è necessario distinguere tra radiazioni a bassa frequenza (ELF) e quelle a radiofrequenza e microonde. E' inoltre necessario distinguere tra effetti a breve termine (e quindi transitori) e quelli a lungo termine. I campi ELF sono quelli a 50 Hz legati alla generazione, alla distribuzione dell'energia elettrica e all'impiego degli utilizzatori ad essa collegata. Ci riferiamo in particolare alle linee aeree degli elettrodotti e all'utilizzo degli elettrodomestici all'interno delle abitazioni e negli uffici. Gli studi effettuati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno ad oggi escluso un qualsiasi danno apprezzabile alla salute come effetto all'esposizione a campi elettromagnetici a 50 Hz. Per quanto riguarda le conseguenze a breve termine derivanti dall'esposizione a campi elettromagnetici e radiofrequenza, le ricerche scientifiche dell'OMS hanno evidenziato sostanzialmente effetti di natura termica. Poiché le radiazioni elettromagnetiche di frequenze più elevate (superiori a qualche centinaio di MHz) vengono in gran parte assorbite dai tessuti biologici, l'energia associata all'onda viene depositata nei tessuti sotto forma di calore. Questo provoca un aumento di temperatura dei tessuti interessati, effetto naturalmente contrastato dai normali sistemi di protezione del corpo (vasodilatazione) che provvedono a smaltire il calore in eccesso. Le prove sperimentali effettuate hanno indicato che un aumento di un grado di temperatura corrisponde ad un assorbimento dei tessuti di circa 4 W/kg che possono essere generati da un campo elettrico di 200 V/m, riscontrabile a pochi metri da un trasmettitore televisivo da 10.000 W. Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine si è voluto analizzare se una dose continua di radiazioni a radiofrequenza potesse avere effetti di tipo tumorale sui tessuti. I risultati pubblicati ad oggi da parte dell'OMS non hanno in alcun modo evidenziato alcuna possibile causa di tumori associabile a continue esposizioni con campi a radiofrequenza. Ovviamente il non aver dimostrato che le emissioni a radiofrequenza non abbiano effetti direttamente nocivi sulla salute degli esseri viventi, non esclude che una regolamentazione ed una certa cautela vada utilizzata nello studio degli insediamenti di antenne trasmittenti di grande potenza e nell'utilizzo di apparecchi portatili come telefoni cellulari e ricetrasmettitori per uso personale (radioamatoriali o CB). I radioamatori e le emissioni a radiofrequenza I radioamatori italiani dopo aver superato un esame ministeriale ottengono l'autorizzazione a trasmettere su varie frequenze con una determinata potenza massima. Le frequenze assegnate vanno dalle onde corte (1.8 MHz) alle microonde (24 GHz) anche se il grosso del traffico avviene tra 3.5 e 432 MHz. La potenza massima di alimentazione allo stadio finale del trasmettitore può essere di 300 W che mediamente corrisponde ad una potenza disponibile all'antenna di 100 - 150 W. Per quanto riguarda i ricetrasmettitori portatili, operano su frequenze di 144 e 432 MHz con potenze tra 0.5 e 5 W. Per questi ultimi, che possono essere confrontabili ai telefoni cellulari anche se le frequenze più basse di utilizzo riducono drasticamente gli effetti di assorbimento, possiamo parlare di effetti di riscaldamento limitati ad una zona di pochi centimetri nell'intorno dell'antenna che quindi hanno effetto solo sull'operatore stesso. Date le potenze e le frequenze utilizzate, gli effetti termici sono assolutamente trascurabili e comunque inferiori a quelli dei telefoni cellulari per i quali comunque viene ad oggi escluso un effetto nocivo sulla nostra salute. Qualche preoccupazione è stata sollevata in qualche caso, con riguardo alle emissioni di apparati più potenti collegati ad antenne poste sui tetti delle case. Queste antenne operano sostanzialmente sulle frequenze corrispondenti alle onde corte, dove l'assorbimento dell'energia a radiofrequenza da parte dei tessuti è trascurabile (ricordiamo che l'assorbimento è proporzionale alla frequenza e diventa significativo per frequenze superiori al GHz, quindi 100 volte più alte di quelle usate dai radioamatori in onde corte). Inoltre abbiamo visto che il campo elettromagnetico varia in proporzione inversa al quadrato della distanza dell'antenna. Facendo una semplice simulazione, un trasmettitore che generi in antenna la potenza di 100 W produce un campo di circa 0,025 W/m2 a 20 metri e quindi all'interno di un locale sottostante l'antenna, tenuto conto degli assorbimenti nei muri, a stento raggiungeremmo la densità di potenza di 0,001 W/m2. Questo valore è 2000 volte inferiore a quello prescritto come limite dal Decreto Interministeriale del 2/1/1999, previsto per una esposizione continua di 4 ore al giorno. Conclusioni Fra non molto la nuova Legge Quadro sull'inquinamento magnetico ed elettromagnetico (D. di L. n. 4816) verrà emanata, e successivamente vedrà la luce anche il regolamento applicativo. Come già accaduto con l'emanazione del D.M. 381/98, è prevedibile che la norma non faccia alcuna distinzione tra le varie fonti di radiofrequenza, limitandosi ad indicare i tetti massimi di radiofrequenza consentiti oltre ad obblighi burocratici di varia natura. Tuttavia, uno degli elementi determinanti, agli effetti dell'inquinamento elettromagnetico, è l'elemento temporale, ossia la durata delle emissioni, elemento che distingue notevolmente le stazioni radioamatoriali da tutte le altre emittenti radiotelevisive e dagli impianti per telefonia fissa e mobile. In effetti, questi ultimi impianti irraggiano nell'etere senza soluzione di continuità, per 24 ore al giorno per 365 giorni dell'anno, ed è comprensibile che proprio la continuità sollevi timori sulla possibile dannosità della radiofrequenza, mentre quelli radioamatoriali operano in maniera occasionale e saltuaria, che è caratteristica propria di tale Servizio. Infatti il "Servizio di Amatore" viene definito dalla I.T.U. (International Telecommunication Union) come Servizio di istruzione individuale senza scopo di lucro, per cui viene svolto da persone autorizzate dallo Stato (che accertata la capacità tecnica, rilascia una apposita autorizzazione), per motivi dilettantistici e non professionali, le quali dedicano all'attività esclusivamente parte del proprio tempo libero. Non va dimenticato che attualmente l'attività ha assunto anche aspetti socialmente rilevanti per i continui interventi in materia di protezione civile. Le comunicazioni avvengono in simplex, ossia quando vi è emissione di segnali non vi può essere ascolto e viceversa. Ne consegue che, anche nella remota ipotesi che i limiti attualmente previsti possano essere superati, l'effettiva durata dell'emissione, normalmente inferiore ai sei minuti, interessa solo una parte del tempo impiegato in tale attività, perché la maggior parte di questo è necessario per la ricerca dei segnali dei corrispondenti e quindi, essendo la stazione in fase di ricezione, non vi è alcuna emissione di radiofrequenza. Inoltre vi è da notare che i contenuti dell'informazione, oggetto dell'emissione, sono limitati alla comunicazione dell'indicativo internazionale di chiamata, al rapporto di ascolto ed alle condizioni di trasmissione, mentre la diffusione di informazioni e notizie che abbiano rilevanza è rigorosamente vietata. Per questi motivi l'emissione deve necessariamente essere di breve durata e comunque mediamente non superiore ai sei minuti, pertanto anche l'ipotetico caso del superamento dei limiti non comporterebbe un aumento della pericolosità. Comunque la legge che disciplina il Servizio, impone la tenuta del quaderno di stazione sul quale devono essere annotati data ed ora del collegamento, la durata, la potenza di emissione e la frequenza utilizzata, per cui esiste una reale possibilità di controllo sulle emissioni. Al contrario di altri impianti radioelettrici, non esiste concentrazione di installazioni ed il loro censimento può essere attuato con immediatezza, in quanto la loro ubicazione è ben nota al Ministero delle Comunicazioni, Organo che rilascia le autorizzazioni e qualsiasi mutamento relativo alla dislocazione, deve essere preventivamente autorizzato dallo stesso Ministero. E' prevedibile che la Legge richieda a coloro che sono autorizzati ad installare ed a gestire impianti fissi di telecomunicazioni la presentazione di materiale informativo, come ad esempio planimetrie, dichiarazioni di professionisti, certificazioni varie, documenti che hanno costi elevati, i quali, se possono sicuramente essere assorbiti da soggetti che operano per scopi commerciali, spesso con una pluralità di reti, costituirebbero un onere insormontabile per dei singoli privati che non hanno alcun interesse economico e che spesso sono chiamati ad operare nell'interesse della collettività e dello Stato. Riteniamo pertanto che sussistano validi motivi per sostenere un principio discriminante a beneficio di questa categoria, soprattutto tenendo conto della limitazione temporale delle emissioni che è una peculiare caratteristica di tale attività.
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